Area di produzione La zona di produzione del
"Puzzone di Moena" / "Spretz Tzaorì" DOP, l'area di provenienza del latte, di trasformazione del
latte e di trattamento del formaggio, fino al completamento della
stagionatura minima di 90 giorni, coincide con l'intero territorio
dei seguenti Comuni: Campitello di Fassa, Canal San Bovo, Canazei,
Capriana, Carano, Castello Molina di Fiemme, Cavalese, Daiano, Fiera
di Primiero, Imer, Mazzin, Mezzano, Moena, Panchià, Pozza di Fassa,
Predazzo, Sagron Mis, Siror, Soraga, Tesero, Tonadico, Transacqua,
Valfloriana, Varena, Vigo di Fassa, Ziano di Fiemme, in Provincia di
Trento; Anterivo e Trodena in Provincia di Bolzano. La sopra specificata delimitazione dell'areale
produttivo della DOP è la risultante di
una corretta interpretazione dei dati economico - storico - culturali
che dimostrano come nelle valli di Fassa, Primiero, Fiemme, e nei
comuni di Anterivo e Trodena, questi ultimi in provincia di Bolzano,
veniva e viene tuttora prodotto un formaggio con le peculiari ed
inconfondibili caratteristiche del "Puzzone di Moena" / "Spretz
Tzaorì".
Descrizione del prodotto
il "Puzzone di Moena" / "Spretz Tzaorì" DOP è un formaggio
da tavola, a latte intero o parzialmente scremato, a fermentazione
naturale o indotta, con l'aggiunta di latte innesto naturale. Materia prima utilizzata: latte crudo di vacca.
▪ Caratteristiche del prodotto:
a) Caratteristiche fisiche:
▪
forma: cilindrica, a scalzo basso, leggermente convesso o
piano, con facce piane o leggermente convesse;
▪
dimensioni e peso della forma: diametro da 34 a 42 cm,
altezza dello scalzo da 9 a 12 cm; peso da 9 a 13 kg;
▪
crosta: liscia o poco rugosa, untuosa, color giallo ocra,
marrone chiaro o rossiccio, più o meno asciutta;
▪
pasta: semicotta, semidura, morbida, elastica, di colore
bianco-giallo chiaro, con occhiatura medio piccola, sparsa. Il
formaggio ottenuto dal latte di malga presenta una pasta con
occhiatura medio grande e un colore giallo più accentuato.
b) Caratteristiche chimiche:
▪ grasso sulla sostanza secca: superiore al 45%;
▪ umidità: da un minimo del 34% ad un massimo del 44%,
verificata dopo un minimo di 90 giorni di stagionatura.
c) Caratteristiche organolettiche:
▪ sapore: robusto, intenso, lievemente e gradevolmente salato
e/o piccante, con un appena percettibile retrogusto amarognolo;
▪ odore e aroma: intenso, penetrante, con lieve sentore di
ammoniaca.
▪ Periodo di produzione: tutto l'anno.
▪ Stagionatura: minimo 90 giorni. Dopo 150 giorni può definirsi "stagionato".
Metodo di ottenimento
▪
Provenienza del latte
▪ il latte deve provenire da bovine di razza Bruna, Frisona,
Pezzata rossa, Grigio Alpina, Rendena, Pinzgau e loro incroci;
▪ nel processo di ottenimento del formaggio
"Puzzone di Moena" / "Spretz Tzaorì" DOP può essere utilizzato il latte di una o
più
delle predette razze; ▪
è escluso l'utilizzo del latte ottenuto da bovine alimentate con
insilati di qualunque tipo e/o con "misceloni" e/o utilizzando la
tecnica del "Piatto unico o Unifeed";
▪ il latte di malga
può essere utilizzato per la produzione di
"Puzzone di Moena" / "Spretz Tzaorì";
▪ nell'alimentazione delle bovine in lattazione, per la
produzione di latte idoneo alla DOP "Puzzone di Moena" / "Spretz Tzaorì", almeno il 60% del foraggio (fieno di prato stabile e/o erba sfalciata o consumata direttamente al pascolo) deve provenire
dall'area di produzione individuata all'art. 3;
▪ la razione alimentare delle bovine
può essere integrata con
mangimi semplici o composti in misura tale da garantire
un'equilibrata alimentazione delle bovine in funzione della loro
produzione di latte;
▪ nella composizione dei mangimi non devono essere presenti,
oltre a quelle non consentite dalla vigente normativa, i seguenti
prodotti:
▪ farine di panelli di ravizzone, vinaccioli, semi di agrumi;
▪ sottoprodotti essiccati della lavorazione industriale di
ortaggi e frutta;
▪ sottoprodotti dell'industria saccarifera;
▪ sottoprodotti essiccati dell'industria di fermentazione;
▪ ortaggi e frutta essiccati.
▪
Raccolta e conferimento del latte al caseificio
▪ la raccolta e il conferimento del latte al caseificio
può
essere fatta con bidoni, con autocisterna coibentata, in questo caso
il latte viene raffrescato o raffreddato alla stalla, una o due volte
al giorno; ▪ la trasformazione del latte deve essere effettuata entro le 36
ore successive alla consegna del latte allo stabilimento e comunque
non oltre le 60 ore dalla prima o dalla eventuale seconda munta.
▪
Trasformazione del latte
▪ può avvenire solo in strutture casearie dislocate all'interno
della zona di produzione;
▪ il latte utilizzato
è esclusivamente quello di vacca, di due
munte successive, proveniente da allevamenti ubicati all'interno
della zona di produzione;
▪ il latte caldo o raffrescato a 15-20°C o raffreddato ad una
temperatura di 8-16°C nel caso di una sola raccolta al giorno, viene
stoccato e, alle volte, parzialmente scremato per affioramento
naturale in bacinella o altri contenitori in acciaio inox;
▪ deve essere utilizzato latte crudo; la termizzazione
è
consentita solo per il latte impiegato per la preparazione del
latte-innesto naturale prodotto nel caseificio interessato o presso
gli altri caseifici della zona di cui al precedente articolo 3. Il
latte innesto naturale deriva da una selezione microbica mediante termizzazione di una determinata
quantità di latte proveniente da
stalle controllate e con successiva incubazione per un tempo
definito;
▪ il latte viene riscaldato con fuoco a legna o con vapore, in
caldaie o in polivalente, in acciaio inox o in rame;
▪ non è consentito l'uso di alcun additivo;
▪ l'acidità può essere naturale o indotta con latte-innesto
naturale;
▪ deve essere usato caglio di origine bovina;
▪ la coagulazione si ottiene alla temperatura di 34 ± 2°C;
▪ il tempo di coagulazione e rassodamento varia da un minimo di
25, ad un massimo di 40 minuti primi;
▪ il taglio della cagliata arriva alle dimensioni di una
nocciola;
▪ la semicottura viene fatta alla temperatura di 46°C ± 2°C;
▪ la durata della semicottura va da un minimo di 15 ad un massimo
di 30 minuti primi; durante tale fase la massa viene agitata in
continuazione;
▪ la durata della sosta della cagliata sotto siero va da un
minimo di 8 ad un massimo di 20 minuti primi;
▪ successivamente alla sosta viene effettuata l'estrazione della
cagliata. Questa viene messa sullo spersore, in fascere in legno o di
altro materiale idoneo, dentro tele in lino o cotone o di altro tipo
idoneo, oppure negli stampi microforati. Le forme così ottenute
vengono successivamente disposte nelle fascere marchianti;
▪ nel caso di impiego di caldaia polivalente, finita la
semicottura, il siero con la cagliata viene convogliato nella vasca
di drenaggio. Viene quindi tolto il siero e si procede alla
pressatura della cagliata. Finita tale fase si procede alla
porzionatura e successiva estrazione della cagliata che viene messa,
sullo spersore, nelle fascere in plastica o di altro materiale
idoneo. La cagliata con il siero può anche venir convogliata
direttamente negli appositi stampi;
▪ in entrambi i casi le forme, dentro le fascere o negli stampi,
vengono messe sotto torchio o presse e rigirate più volte. Si
possono usare anche stampi microforati. Le forme sostano quindi sullo
spersore e dopo alcune ore vengono poste nelle fascere marchianti
fino al giorno successivo quando passano alla salatura.
▪
Salatura e stagionatura
▪ la salatura può essere fatta a secco o in salamoia;
▪ la durata della salatura a secco va da un minimo di 8 ad un
massimo di 10 giorni;
▪ la durata della salatura in salamoia varia da un minimo di 2 ad
un massimo di 4 giorni;
▪ la salamoia può avere una
densità variabile da un minimo di
15 ad un massimo di 20° Baumé;
▪ durante le prime due - tre settimane, come da tradizione
consolidata, le forme vengono rivoltate e bagnate due volte alla
settimana con acqua tiepida, che può essere leggermente salata. Si
può usare anche la salamoia diluita con l'acqua. Successivamente il
trattamento viene fatto una volta alla settimana, sempre previo
rivoltamento delle forme, fino alla maturazione. Questa pratica porta
alla formazione sulla crosta di una patina untuosa e la comparsa, un
po' alla volta, del color giallo ocra o marrone chiaro o rossiccio;
▪ la stagionatura del formaggio viene fatta in appositi locali
alla temperatura variabile da un minimo di 10°C ad un massimo di 20°C
ed umidità superiore all'85%.
Elementi che comprovano il legame con l'ambiente
▪
Le particolari sensazioni gusto olfattive del formaggio DOP
"Puzzone di Moena" / "Spretz Tzaorì", sono determinatamente legate
all'impiego di latte crudo, al divieto d'uso di insilati e di
additivi ed influenzate in modo decisivo dall'alimentazione delle
bovine con il fieno e/o l'erba sfalciata della zona o consumata
direttamente sui pascoli della zona, ricchi di essenze foraggiere
particolari, dalla ricchezza microbiologica del latte e dell'habitat,
nonché dalla particolare tecnica di governo e di affinamento del
formaggio, consolidata nel tempo, con particolare riferimento alla
pratica del lavaggio delle forme che da sempre viene eseguita con
cura nella zona di produzione.
Il formaggio ottenuto dalla trasformazione del latte di malga
risulta più gustoso per l'abbondanza di enzimi e per la maggior
concentrazione di aromi nelle essenze botaniche di cui si nutre il
bestiame nelle malghe dislocate nel territorio, rivelando però più presto il piccante per via del
maggior contenuto in lipidi.
▪
Vi sono testimonianze ed elementi atti a dimostrare che un
formaggio "nostrano fassano", caratterizzato soprattutto dalla crosta
untuosa e dalla pasta con odore e sapore accentuati, veniva prodotto
ancora molti anni fa sulle malghe, nei caseifici turnari, nei masi di
montagna, soprattutto in Val di Fassa, ma anche in certe aree della
confinante Val di Fiemme e della conca di Primiero, con le
denominazioni di "nostrano della Val di Fiemme" o "nostrano di
Primiero". Al riguardo si citano documenti quali:
▪ il parere del Capo dell'Ispettorato Agrario di Trento del 14
giugno del 1963 nel quale si fa esplicito riferimento ad un formaggio "nostrano fassano";
▪ la testimonianza del giornalista dott. Sergio Ferrari di
Trento il quale attesta che la denominazione "Puzzone di Moena" è
stata usata per la prima volta nell'estate del 1974 durante una
trasmissione radiofonica domenicale della sede RAI di Trento, con
riferimento al formaggio a crosta lavata "nostrano fassano" del
Caseificio Sociale di Moena, diventando, con il passare del tempo,
sempre più diffusa;
▪ il verbale di accertamento e parere dell'Assessorato
all'Agricoltura e Agriturismo della Provincia Autonoma di Trento
sulla domanda di contributo della Latteria Sociale di Moena del 1983,
nel quale si afferma che: "Il latte conferito, nel 1982 è stato pari
a 4.600 q.li ed è stato trasformato in burro e formaggi, in
particolare il tipo nostrano denominato "Puzzone di Moena".
▪
A parte la tecnica del lavaggio della crosta, che lo rende
particolare, e l'alimentazione delle bovine, il legame di questo
prodotto caseario con l'ambiente della zona delimitata è costituito
anche dalle caratteristiche climatico-ambientali, geopedologiche,
territoriali e floricole della zona di produzione, tutte condizioni
che influiscono direttamente o indirettamente nella formazione dei
profumi, del gusto, del sapore e delle proprietà nutrizionali del
"Puzzone di Moena" / "Spretz Tzaorì". La piovosità, la forte
differenza climatica delle varie stagioni, l'altitudine dei prati e
dei pascoli, che va dai 600 metri s.l.m. agli oltre 2000 m. s.l.m. di
talune malghe, la flora particolare dei prati e dei pascoli sono
condizioni non imitabili o trasferibili, specifiche, che legano in
modo indissolubile questo prodotto al territorio delimitato.
Infatti diversi studi hanno confermato che la diffusione
dell'alpeggio estivo e la buona qualità e diversità floristiche dei
prati di fondovalle hanno un effetto positivo sulle caratteristiche
aromatiche delle produzioni lattiero-casearie dell'area delimitata e
in particolare del "Puzzone di Moena" / "Spretz Tzaorì". Tra le
specie maggiormente presenti e molto appetite dagli animali si
citano: Arrhenatherum elatius (Avena maggiore), Lotus corniculatus
(Ginestrino), Plantago lanceolata (Piantaggine lanciuola), Trifolium
pratense (Trifoglio comune), Phleum pratense (Codolina comune),
Trisetum flavescens (Gramigna bionda) tra le specie di fondovalle e
Cynosurus cristatus (Coda di cane crestata), Crepis aurea
(Radicchiela aranciata), Leontodon autumnalis (Dente di leone
ramoso), Lotus alpinus (Ginestrino alpino), Phleum alpinum (Codolina
alpina), Poa alpina (Fienarola delle Alpi), Trifolium badium
(Trifoglio bruno), Trifolium alpinum (Trifoglio alpino) tra le specie
presenti sui pascoli oltre a particolari specie endemiche.
▪
La produzione del "Puzzone di Moena" / "Spretz Tzaorì",
termine con il quale si è imposto negli ultimi decenni, rappresenta
per le valli di Fassa e di Fiemme e del territorio del Primiero,
nonché per i comuni di Anterivo e Trodena, della confinante
provincia di Bolzano, la testimonianza di un'agricoltura antica,
radicata nel tessuto della ruralità montana locale. L'alpeggio, con
le feste folcloristiche dello smonticamento, il pascolamento del
bestiame nei masi di montagna, le forme associative di lavorazione
del latte, turnarie prima, cooperative poi, lo sfalcio dei prati in
montagna, sono tutte attività agricole che si svolgono da sempre
nelle citate vallate.
A conferma del plurimo legame storico del formaggio "Puzzone di Moena" / "Spretz Tzaorì" con la zona delimitata, si constata il
fatto che non vi è notizia che testimoni che la sua produzione, nei
decenni passati, sia debordata nelle vallate alpine confinanti del
Trentino, dell'Alto Adige e del Veneto. Questo sta a dimostrare che
in tale area vi sono state e vi sono le condizioni complessive
favorevoli a tale particolare produzione casearia, del tipo a crosta
lavata, poco diffusa in Italia.
▪
Il "Puzzone di Moena" / "Spretz Tzaorì", secondo la lingua
ladina della Val di Fassa, per il suo sapore e odore accentuati, fino
al piccante, spesso salato, era particolarmente apprezzato dalla
povera gente della ruralità montana perché, anche in piccole
quantità, insaporiva le modeste pietanze dei contadini spesso a base
di polenta o patate.
|