Chi non lavora non fa l’amore cantavano la Mori e Celentano, io posso però aggiungere che almeno può avere più tempo per visitare delle belle cantine e assaggiare buoni vini. Nonostante le rassicuranti parole della politica che su giornali e televisioni predicano ottimismo e amore inveendo contro i corvi che ancora pronunciano la ormai atavica (per loro) parola CRISI, anch’io come moltissimi altri sventurati dell’estremo Nord-Est, terra che dovrebbe essere ricca di lavoro e prosperità, mi ritrovo socio mio malgrado, del sempre più numeroso club dei “Cassaintegrati”. Evitando ogni ulteriore commento a riguardo, che potrebbe portarmi ad esternazioni censurabili, voglio pensare positivo e ringraziare questa mia temporanea (spero) situazione lavorativa che mi ha permesso di dedicarmi in maniera approfondita a un territorio importante e ad un’azienda che rappresenta una delle realtà più prestigiose del Friuli Venezia Giulia e non solo.
Ci troviamo a Capriva del Friuli, nel cuore del Collio Goriziano e l’azienda che andremo a conoscere è Villa Russiz diretta dall’enologo Gianni Menotti. La giornata è stupenda e il sole risplende illuminando le colline sulle quali le viti, nel pieno del loro sviluppo vegetativo, sono le principali protagoniste del territorio. Un silenzio rilassante avvolge la vallata, si ode la sinfonia degli uccellini, ma all’improvviso la quiete è rotta da un vociare allegro di bambini che giocano nel giardino di una villa. Ma certo, sono arrivato a Villa Russiz. Siamo dinnanzi a una proprietà pubblica, un ente morale, sotto il controllo della Regione Friuli Venezia Giulia che trova sostegno economico dai proventi dell’attività vinicola aziendale. Lo scopo dell’ente è quello di assistere bambini bisognosi e disagiati, portati via dalle famiglie per i più disparati motivi. Maltrattamenti e abusi sono solo l’apice delle sventure di questi poveri bambini.
Ed è qui che incontro Gianni Menotti, che con estrema cortesia mi ospita e mi racconta un po’ la storia e le vicissitudini di quest’importante realtà produttiva. Facciamo un salto all’indietro nel tempo per trovarci nell’anno 1869, quando il conte francese Teodoro de la Tour fonda assieme alla moglie austriaca Elvine Ritter l’azienda agricola Villa Russiz in uno dei possedimenti di famiglia dell’allora territorio austriaco. Il conte capisce subito di trovarsi dinnanzi a un terroir importante, con il suo microclima fatto di mare e montagna, ottima insolazione, perfetta escursione termica che può garantire l’habitat ideale alla vite. Porta così dalla Francia le conoscenze che garantiranno nuove tecniche di coltivazione e importa varietà come il Pinot, il Sauvignon, il Merlot che meglio si adattano alla grande enologia del tempo rispetto alle varietà autoctone presenti in loco. Cambiano anche le tecniche di vinificazione e viene costruita una splendida cantina a volte, completamente interrata, ancora oggi in uso. Inutile dire che i vini sono apprezzati ovunque, in varie parti d’Italia, in Austria, raggiungendo le più importanti mense dei regnanti di tutta Europa. Parallelamente all’attività del marito, Elvine Ritter, apre accanto all’azienda una scuola per diffondere l’istruzione tra i ceti meno abbienti. Nel 1894 il conte de la Tour muore lasciando in eredità alla moglie la responsabilità di dare un seguito a quanto fatto fino allora. Con il sopraggiungere della prima guerra mondiale, Elvine ritorna nella terra natale e lascia l’azienda al governo italiano e la scuola viene presa in mano da Adele Cerruti, un’altra contessa, diventata poi suor Adele, che costruisce l’orfanotrofio per i bambini orfani di guerra.
Fra la prima e la seconda guerra mondiale assistiamo a un periodo di stasi a causa delle vicende economiche del tempo. Dobbiamo aspettare quindi la fine della seconda guerra mondiale per vedere una ripresa delle attività aziendali, che coincidono con l’arrivo e la nomina a direttore di Edino Menotti, padre di Gianni, che per 35 anni terrà ben salde le redini produttive di Villa Russiz. Arriva così l’anno 1988, in cui avviene il passaggio consegne al figlio Gianni Menotti. La via che viene intrapresa porta verso un’unica direzione: la qualità del prodotto al di sopra di ogni cosa. Spinto da una passione enorme verso il suo lavoro e da un carattere che lo porta sempre a cercare di migliorarsi, Gianni riesce a contagiare con il famoso virus “qualità in primis” anche chi lavora nel suo team. Gli viene data carta bianca su tutto quello che concerne le scelte tecniche da seguire in vigna e cantina e i risultati sono pressoché immediati.
Il territorio vocatissimo per la viticoltura, la sua grande conoscenza dello stesso e la capacità di sfruttarne al meglio le qualità, portano Gianni a far esprimere al massimo ogni diversa uva, ottenendo vini con colori, sapori e profumi che sono fedeli testimoni sia della zona di produzione sia dell’andamento stagionale. I riconoscimenti e i premi non tardano ad arrivare e oggi l’azienda può contare su circa 40 ettari vitati che regalano una produzione di circa 240-250mila bottiglie l’anno. La produzione aziendale può contare su una squadra di 8 vini bianchi e 3 rossi. Come vini bianchi troviamo il Sauvignon de la Tour, il Sauvignon, il Chardonnay Gräfin de la Tour, la Malvasia, il Pinot Bianco, il Pinot Grigio, il Friulano e la Ribolla Gialla. Mentre fra i rossi troviamo il Merlot Graf de la Tour, il Merlot e il Cabernet Sauvignon. Il livello qualitativo generale è molto elevato, e ne sono testimoni i giudizi sempre eccellenti delle varie guide di settore. Ma i tre cavalli di razza della produzione sono quelli della linea de la Tour. Lo Chardonnay Gräfin de la Tour è tra i migliori Chardonnay elevati in barrique prodotti in Italia. Un vino superbo ed elegante con note varietali ben integrate nel legno. Grazie alla sua freschezza, va a braccetto con il pesce e gli antipasti ma può accompagnare tranquillamente le carni più importanti. Il Merlot Graf de La Tour è fatto maturare per 20-24 mesi in botticelle di rovere e poi affinato 10 mesi in bottiglia. Consigliato con carni importanti, arrosti di carni bianche e rosse, cacciagione e selvaggina. Classico esempio di come il Collio non sia solo terra di grandi bianchi. Il Collio Sauvignon de la Tour ha la bacheca ricca di premi e onorificenze, un vero fuoriclasse nella sua categoria ottenuto da vigneti selezionati. Un vino che dopo la fermentazione rimane sulle fecce in vasche d’acciaio per almeno 10 mesi e quindi è imbottigliato dopo 11 mesi dalla vendemmia. Trova numerosi abbinamenti come, solo per nominarne qualcuno, antipasti al prosciutto, piatti di pesce in particolare salsati. E’ il classico esempio di come una star del settore possa rimanere sempre con i piedi per terra, senza perdere il proprio equilibrio e regalare ogni anno un prodotto che riesce ad emozionare. Insomma si può proprio affermare che non manchi nulla a Villa Russiz. C’e un territorio affascinante e vocato alla viticoltura, un microclima invidiabile, produzioni d’elevata qualità e se pensiamo poi che vanno anche a finanziare l’attività educativa dei giovani ospiti dell’istituto, allora possiamo proprio dire che bere i vini prodotti da Gianni Menotti e dal suo staff, oltre a rallegrare i nostri sensi, permette anche di aiutare delle persone che nella vita sono state meno fortunate di noi.
DIALOGANDO CON IL VIGNAIOLO
Enologo dell’anno per la Guida ai vini d’Italia 2006 del Gambero Rosso – Slow Food. Premiato nel 2003 per il miglior vino bianco d’Italia con lo Chardonnay Gräfin de la Tour 2000. In un periodo nel quale il livello qualitativo generale dei vini è molto aumentato, è ancora possibile fare il vino mito (tipo “Sassicaia” giusto per non fare nomi) partendo quasi da zero, in modo che si distingua nettamente da tutti gli altri per qualità e prestigio? Oggi non è così facile perché le condizioni non sono quelle che c’erano alla fine degli anni ’60, quando è nato il mito Sassicaia che ha avuto certamente il gran merito di essere stato precursore di tanti nobili nettari affermatisi in seguito e quindi giustamente diventato una celebrità internazionale. Senza voler sembrare immodesto, posso ritenere il Sauvignon de la Tour come un nostro piccolo vino mito. Riuscire a proporre con continuità, un prodotto che si mantenga su elevati livelli qualitativi, interpretando al meglio le potenzialità di ogni singola annata, rappresenta per noi un gran successo che ci riempie d’orgoglio e visti anche i numerosi riscontri positivi che riceviamo da clientela e professionisti del settore, possiamo ritenerci più che soddisfatti del nostro piccolo “gioiellino”.
Il Collio è una zona con un clima e una terra unici ed eccezionali che permettono di ottenere prodotti superlativi. Come mai questo terroir d’elite non ha ancora ottenuto la definitiva consacrazione e notorietà fuori d’Italia? Cosa devono fare i produttori del Collio per farsi maggiormente conoscere e apprezzare in Europa, in America e in tutti gli altri mercati emergenti? Ricollegandomi al discorso precedente sul Sassicaia, diciamo che manca proprio quella scintilla che possa far diventare il territorio unico e a suo modo “mitico” agli occhi degli stranieri. Il territorio è eccezionale, serve ora che diventi un nome dalla gran valenza mediatica che possa venir associato a prodotti di elevata qualità anche all’estero come accade con altri blasonati terroir. Siamo una terra di grandi vignaioli a cui forse manca quel pizzico di positiva presunzione per poter diventare anche abili venditori del prodotto, del territorio e quindi anche di se stessi. In Italia il Collio è conosciuto ed affermato, bisogna ora approfittare di questa fase di stasi e appiattimento che c’è in giro per il mondo, creare un proprio stile e riuscire a comunicarlo per il meglio. In quest’ultimo Vinitaly ho visto qualche segnale positivo e speriamo quindi che questo sia solo l’inizio.
Un’autorevole ricerca che ho avuto modo di leggere, evidenzia una vera e propria distorsione percettiva per ciò che riguarda alcol e guida. L’alcol del vino è una delle cause minoritarie, seppur gravi, degli incidenti, ma è percepita come la causa principale, perdendo ogni giorno una buona occasione per indagare sulle reali motivazioni di incidenti e combatterle alla radice con campagne di informazione e istruzione. Ma allora la “caccia all’uomo over 0.50%” a cui si assiste per le strade rappresenta una vera campagna di prevenzione o solo un lucroso business che più che educare punta ad alimentare una discutibile economia? Sono convinto che il proibizionismo in senso stretto sia deleterio. Alla base di tutto ci deve essere un’educazione che parta dalla famiglia. Si deve trasmettere il messaggio che bere tanto fa male e che guidare ubriachi sia pericoloso per se stessi e per gli altri, ma non si possono riversare tutte le colpe degli incidenti sul vino, quando si sa che le componenti principali di pericolo sono altre. Ci deve essere un’educazione anche da parte di chi controlla. Antiche abitudini come quella di bere l’aperitivo o accompagnare la cena con una bottiglia di vino non possono essere demonizzate come azioni sconsiderate. Una famigliola di ritorno da una gita, che magari si è fermata a cena e ha pasteggiato con un paio di bicchieri, non può essere considerata pericolo pubblico. Bisogna bere con consapevolezza e avere però anche mezzi, come taxi a buon prezzo o altri servizi pubblici, che facilitino il muoversi in tutta sicurezza. Anche abbassare come ho sentito dire del 2% il grado alcolico dei vini, è solo uno specchietto per le allodole, perché non risolve il problema e va a incidere solo sul livello qualitativo del vino.
Il Collio resta ancora una terra soprattutto da vini bianchi o magari, con il mutare delle variazioni climatiche, anche i rossi potranno guadagnarsi importanti fette di mercato? Beh posso tranquillamente affermare che il Merlot Graf della Tour è il fedele testimone che fare ottimi vini rossi è possibile anche nel Collio.
Nella squadra di calcio del Barcellona, da tutti reputata oggi la migliore al mondo, (domanda fatta prima della semifinale con l’Inter, nda) giocano tanti ragazzi che sono venuti su dal vivaio e che sentono quindi un forte senso di appartenenza per la maglia e la città che gli permette di dare quel qualcosa in più rispetto ad altre realtà. Tu hai vissuto la tua infanzia e gioventù in villa e in mezzo ai vigneti e hai avuto come esempio tuo padre in cantina per 35 anni. Possiamo dire che anche tu ti senti addosso la maglia di Villa Russiz come una seconda pelle e questo ti fa mettere ancora più amore e passione in quello che stai facendo? Senza ombra di dubbio sì. Sono venuto qua all’età di un anno nel lontano ’56 e ci sono rimasto fino alla laurea, prima di iniziare a girovagare un po’ per il mondo per studio o per lavoro. Ci ho messo sempre gran passione e grande amore anche se l’azienda non è mia. Ma la reputo una realtà modello sotto tanti aspetti e quindi, anche grazie alla fortissima passione ereditata da mio padre, ho messo in campo tutte le mie migliori risorse per portare in alto il nome di Villa Russiz, amandola e rispettandola come fosse una mia proprietà.
I tuoi vini sono protagonisti abituali delle varie guide di settore. Ma quanto contano per te i loro giudizi e non ti arrabbi mai per qualche punteggio che ritieni eccessivamente misero? Se parliamo di guide posso essere più che soddisfatto perché i miei vini sono sempre stati trattati molto bene e hanno ricevuto le valutazioni che meritavano. All’estero ci devono ancora capire e conoscere meglio, le stesse guide straniere devono imparare a conoscere il territorio per poterlo apprezzare e valutare come merita.
La riforma della Legge 164/92, dettata più dall’adeguamento alla nuova Ocm che da un vero e proprio ripensamento dell’assetto complessivo delle denominazioni italiane, ha lasciato sul campo una serie di cambiamenti che è da verificare se miglioreranno una situazione, per certi versi caotica, della nostra produzione vitivinicola. Avendone la possibilità, c’è qualcosa di specifico che inseriresti in termini legislativi per migliorare tutto il settore enologico? Non sono le leggi che determinano la qualità dei vini ma il lavoro in vigna e in cantina. Le leggi servono per regolamentare il settore ma non le produzioni. Possono essere un supporto a chi non sa lavorare, ma chi invece lo fa già con professionalità non ne trae grossi vantaggi.
Oltre alla tua attività a Villa Russiz fai il consulente per alcune importanti aziende del Collio e dei Colli Orientali del Friuli. Ma qual è il vino della “concorrenza” che ammiri così tanto che ti sarebbe piaciuto etichettarlo con il nome della tua azienda? Non esiste un vino che in maniera netta e indiscutibile mi abbia emozionato in ogni singola annata, nemmeno quelli più blasonati. Ci sono tanti vini buoni che meriterebbero la citazione, e per par condicio e rispetto dei tanti bravi produttori, non voglio fare nessun nome.
Il tuo carattere e modo d’essere ti portano a cercare di migliorarti sempre alla ricerca della perfezione qualitativa. Hai qualche nuovo progetto per l’azienda e la sua produzione? Ci sono due vini che ho intenzione di valorizzare e consacrare definitivamente, aumentandone i numeri e studiando nuovi procedimenti produttivi. Si tratta di selezioni di Malvasia Istriana, tipologia radicata nel territorio che sta avendo un ottimo riscontro fra la clientela, e il Cabernet Sauvignon, una cui selezione uscirà probabilmente a Natale e che rappresenta un vino importante poiché questo vitigno è sempre stato molto caro al Conte de la Tour.
Ami in maniera incredibile il tuo lavoro, una vera passione per il vino e la terra in cui ci metti tutte le tue risorse e il tuo impegno. Ma se fossi stato costretto a una sorta di “esilio lavorativo” cosa ti sarebbe piaciuto fare di diverso nella tua vita? Mi sarebbe piaciuto fare il pilota, un mestiere che mi ha sempre molto affascinato.
Accidenti quanto piove, Noé bussa alla tua porta e oltre alle cose a te più care ti lascia portare solo una bottiglia di un tuo vino per rendere più piacevole la gita sull’Arca. Cosa ti porti dietro dovendo scegliere fra lo Chardonnay Gräfin de La Tour, il Sauvignon de la Tour e il Merlot Graf de la Tour? Si tratta di tre grandi vini, ma il Sauvignon de la Tour è senza ombra di dubbio il mio preferito, il rappresentante principale dell’azienda e il più conosciuto all’estero. Mai e poi mai potrei tradirlo. Questo vino mi dà tantissima soddisfazione, l’unica preoccupazione è di farlo sempre bene in modo che raggiunga livelli standard di eccellenza, ma questo fino ad ora sono riuscito ad ottenerlo. Sempre parlando di Sauvignon de la Tour, ci sono circa 1500 bottiglie annata 2008 che ho deciso di far uscire fra 3-4 anni. Verificare come il vino avrà mantenuto la sua freschezza e qualità, vorrà dimostrare come il Collio non sia solo terra di vini bianchi da bere entro poco tempo. I grandi territori danno vini che durano, e con questo esperimento voglio dimostrare come i nostri prodotti oltre alle qualità già conosciute hanno anche una buona longevità.
Perito informatico ai tempi in cui Windows doveva essere ancora inventato e arcigno difensore a uomo, stile Claudio Gentile a Spagna 1982, deve abbandonare i suoi sogni di gloria sportiva a causa di Arrigo Sacchi e l’introduzione del gioco a zona a lui poco affine. Per smaltire la delusione si rifugia in un eremo fra i vigneti del Collio ed è lì che gli appare in visione Dionisio che lo indirizza sulla strada segnata da Bacco. Sommelier e degustatore è affascinato soprattutto dalle belle storie che si nascondono dietro ai tanti bravi produttori della sua regione, il Friuli Venezia Giulia, e nel 2009 entra a far parte della squadra di Lavinium. Ama follemente il mondo del vino che reputa un qualcosa di molto serio da vivere però sempre con un pizzico di leggerezza ed ironia. Il suo sogno nel cassetto è quello di degustare tutti i vini del mondo e, visto che il tempo a disposizione è sempre poco, sta pensando di convertirsi al buddismo e garantirsi così la reincarnazione, nella speranza che la sua anima non si trasferisca nel corpo di un astemio.
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Torinese, sognatore, osservatore, escursionista, scrittore. Laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l'Università di Torino e Mast (...)
Classe ‘77, Nadia è nata ad Ischia. Dopo quindici anni di "soggiorno" romano che le è valso il diploma di Sommelier AIS e un'importante collabor (...)
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Giornalista free-lance, milanese, scrive di vino, grande distribuzione e ortofrutta, non in quest'ordine. Dirige il sito e la rivista dell'Assoc (...)
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È nato a Novara, sin da giovanissimo è stato preso da mille passioni, ma la cucina è quella che lo ha man mano coinvolto maggiormente, fino a qu (...)
Economista di formazione, si avvicina al giornalismo durante gli anni universitari, con una collaborazione con il quotidiano L'Arena. Da allora (...)
Nato il 22 febbraio 1952 a Pavia, dove risiede. Si è laureato nel 1984 in Filosofia presso l'Università Statale di Milano. Dal 1996 al 2014 è s (...)
Giornalista cresciuto con Montanelli al giornale, si occupa da sempre di agricoltura, agroalimentare enogastronomia e viaggi. Ha lavorato tra gl (...)
Figlio di un musicista e una scrittrice, è rimasto da sempre legato a questi due mestieri pur avendoli traditi per trent’anni come programmatore (...)
Sociologo e giornalista enogastronomico, è direttore responsabile di laVINIum - rivista di vino e cultura online e collabora con diverse testate (...)
Di formazione tecnica industriale è stato professionalmente impegnato fin dal 1980 nell’assicurazione della Qualità in diverse aziende del setto (...)
Laureato in Filosofia e giornalista professionista, lavora al Mattino dove da anni cura una rubrica sul vino seguendo dal 1994 il grande rilanci (...)
Maestro Assaggiatore e Docente O.N.A.V., Delegato per la provincia di Lecco; svolge numerose attività come Docente presso Slow Food, Scuola de L (...)
Sommelier e master sul servizio vino e relazione col commensale, ha tenuto alcuni corsi in area territoriale del Pavese di approccio/divulgazion (...)
È Sommelier e Degustatrice ufficiale A.I.S. rispettivamente dal 2003 e dal 2004; ha sviluppato nel suo lavoro di dottorato in Industrial Design, (...)
Napoletano, classe 1970, tutt'oggi residente a Napoli. Laureato in economia, da sempre collabora nell'azienda tessile di famiglia. Dal 2000 comi (...)
Ha iniziato la sua attività in campo enogastronomico nel 1987. Ha collaborato con le più importanti guide e riviste del settore italiane ed este (...)
Nato nel 1974 a Roma in una annata che si ricorderà pessima per la produzione del vino mondiale. Sarà proprio per ribaltare questo infame inizio (...)
Bolognese dentro, grafico di giorno e rapito dal mondo enologico la sera. Per un periodo la sera l'ha condivisa con un'altra passione viscerale (...)
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